Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 1)
Di Tanagrei. In questi dui riversi si vede come i Tanagrei adulorono et applaudirono alle sciocchezze di Antonino Elagabalo, come han fatto molti Greci a l’istesso imperadore, benché meritatamente. Qui dunque manifestasi la sfrenata pazzia di esso imperadore. Non per altro credo che i Greci usasseno simil riversi, l’un con la biga della luna e la quadriga del sole, che per alludere al sacerdozio che tanto piacque all’imperadore Halagabalo, del quale s’è detto nelle medaglie di Latini. Scrive Erodiano e Xiphilino et Eutropio infinite cose di questo imperadore sopra li suoi sponsalizii, che egli fé con li dei. Avendo dispreggiato Pallade, qual s’aveva presa per moglie, il qual simulacro i Romani sempre lo tennero per uno degli loro grandi iddii, e serbato nel tempio di Vesta in luogo occulto in molta venerazione, lui nella sua camera trasferì non portando rispetto che fusse così amato dai romani, come quello che si teneva per un dio, né mai da quel tempio fu mosso eccetto quando i Galli presero Roma e le vergini vestali intalor fuggendo a Cere lo portarono seco, cioè tutti i dei Penati troiani. Alcuni diseno che mai da qui fu tocco da poi che a Roma fu trasferito a Lavinio, eccetto quando il tempio di Vesta arse. E così questo Palladio condusse nel suo palazzo per futura moglie de suo dio Sole, che lui era esso dio come alcuna volta si dimostrò. E di poi questa dea belligera non piacendole per esser sempre armata, forse per esser egli codardo, onde commandò che di Barbaria portato gli fusse il simulacro di Urania, il quale [è] venerabile molto appo li Cartaginesi et Africani, credesi che dalla Phenissa Didone esser stato porto quando la città di Cartagine edificò col cuoio tagliato a corregivoli come si legge ch’ella misurò il sito della cittade quando l’ottenne, e così essi africani Urania questa dea appellano, et i Phenici Astroarche, affermando esser la Luna, sì che così Antonio Halagabalo argomentò convenirsi il matrimonio del Sole e della Luna. Questo dunque può esser la causa delli disegnati riversi, per quanto io ho potuto ritrovare. E dicono che per suo commandamento il detto simulacro fu recato con quant’oro e moneta e con ogni altra cosa ch’era nel tempio, accioché fusse dote del dio, e collocato che fu presso il detto imperadore commandò che per tutta Italia publice et privatamente ogniuno festa facesse [...].
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