Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 1)
[...] Di Patara capo [vacat]. Del Patareo Apolline scrive Horazio per esser in Patara molto celibre cotal dio, così nel secondo libro de’ carmi, nella quarta Ode a Calliope: ET NUNQUAM HUMERIS POSITURUS ARCUM, QUI RORE PURO CASTALIAE LAVIT CRINEIS SOLUTOS: QUI LUCIAE TENET DUMETA, NATALEMQUE SILVAM DELIUS ET PATAREUS APOLLO. Così, dunque, questo dio Patareo sarà forse al proposito delle medaglie de’ Pataresi, fatte in diversi secoli sotto diversi stati della città, come si vede qui pe’ l’effigie che è in questa moneta nel dritto suo di Adriano imperadore, e nel riverso quella di Apolline, o vero di Pataro suo figliuolo. Di questa città di Patara fu cittadino San Nicolò, di nobilissimo sangue e molto ricco e liberalissimo e di somma pietà, de la cui liberalità usata cristianamente verso un suo cittadino che di ricco era diventato povero si legge come il beato Nicolò, vedendo la gran povertà de quel povero suo cittadino che tre figliole già da marito aveva, né le poteva per la sua povertà collocarle presso di alcuno uomo onesto, una certa notte buttò per la fenestra dentro in la abitazione tanta somma di denari, overo una palla d’oro quanto bastava per maritarne una, el che fatto la seconda e la terza volta le tre onestissime fanciulle ciascuna de lor per tal opra receverono la sua competente dote, e furono maritate a mariti onesti. Fu San Nicolò per la sua santità creato vescovo di Myra, città molto nobile pur di Lycia, qual vescovato governò e resse tanto religiosamente con tanta santità e con tanta modestia e prudenzia che fu chiarissimo disio a tutta la Lycia dove fece miracolosi fatti et infiniti, e questa è la vera cagione che a San Nicolò gli pittori li metteno in mano tre borse overo tre palle d’oro, perché si significhi il dono delle tre fanciulle nate sotto la totela di sì felice e beato secolo e di sì providente ministro della cristiana religione.
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