Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 1)
però le Harpie non si veggono fuor dei lidi. Di più il Boccaccio v’aggiunge una quarta Harpia, ma invero s’inganna con lo epiteto di Homero, il quale volendo mostrare il poeta una cavalla veloce li dà tale epiteto e l’appella Hippiosarga, cioè velocissima. Eustathio ne l’Odysea al primo libro dice che Harpye allegoricamente significano venti tempestosi e rapaci e che seco non portano corpi quantunque gravissimi siano. Fabulosamente Harpye sono, dice egli, certi demoni alati, atti velocemente a rapir uomini, dice anch’egli nel libro M dell’Odyssea che le Harpye sono ucelli rapaci, li quali sono imaginati allegoricamente per demostrare donne lussuriose e poco contenenti, e perciò Ulisse ebbe l’arpia di Circe, Enea di Didone, Iason di Medea, Teseo di Fedra, secondo scrive Erodoto nella Polyhymnia. Stefano dice, allegando Demostene, che Amastris è nome ancora di una amazone, sì che l’una materia tira a sé l’altra, onde per brevità si darrà fine di questo ragionare essendo necessario di raccontare altre materie dell’antiche monete.
p. 62
[c. 276v]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 1), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 1
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023