Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 2)
Della trabea e toga picta e della palmata e praetexta, e suo uso di diverse persone e della tunica picta, capo VIII.
Toga picta fu veste publica del sommo magistrato, come dicono tutti i scrittori, come dell'imperadori di tempi bassi. Ma nel vero la trabea e la toga picta, che sono di una forma circa la qualità del d'intorno, trovo che furono dei triomfanti, e la trabea particolarmente fu dei re e degli cavaglieri. Plinio dice che Omero fa menzione delle veste picte, e fu etiandio la trabea per testimonio di Ausonio Gallo poeta delli consoli, come nella victoria del triomfante duca, ella si chiama palmata, dalla palma dono dato a chi triomfa. Tre spezie erano delle trabee al tempo de li re. La prima era sagrata agli iddii, et era purpurea tutta; l'altra de li re, che anch'essa era di purpura, ma vi era suso del bianco, la terza era degli auguri, tinta di grana e di porpora insieme, benché la trabea ancora fu poi data ai cavaglieri purpurea e coccina molto copiosa. È da sapere che non solo i Romani ebbero per costume portar la purpora, ma li barbari ancora e gli Greci, anzi quasi tutti i principi di qualunque nazione e' siano stati nei tempi passati, tutti portavano la veste di purpura, come fanno oggidì la corte di Roma, che quei che sono camariere del sommo pontefice vestono di pavonazzo che è simile al colore della purpura tyreia. I cardinali ancora a certi giorni portano il medesimo colore, lasciando le veste rosse. Del colore purpureo adunque fe' invenzione Ercole, come dice Iulio Polluce et afferma Suida [...].
p. 12
[c. 10r]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 2), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 2
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023