Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
Di Papho, et Serapis e di Iside. Avemo veduti intagliati di cavo in uno lapis amatite tre dii dell’Aegypto, Papho, Serapide et Iside. Papho è tutto nudo col tridente in mano, col tauro marino appiedi. Serapide, il secondo, dipinto in forma di un Giove Stygio, con la sua destra tiene un’asta, e con la sinistra spiche di grano, col corno dell’Abundanzia, la sua Iside, con li modii in testa pieni di grano, appiedi un cane con tre teste, l’una di cane, l’altra di lupo, la terza di leone, perché Serapis è il Sole, a cui è sacro il leone, e Marte al quale è dato per simbolo il lupo, e Diana per lo cane; o pure, come dice Macrobio, per lo tempo passato, per lo presente, per lo foturo, cioè il cane le luse[n]ghe e piacevolezze del tempo presente, il passato per lo lupo che sono le cose distinte et annullate per mezzo della morte che produce l’arme della troncazione della vita, il leone la paura e forza delle cose foture, le quali scuopre il sole. [...] In una pittura dell’antiche ch’era in una stanza sul monte Aventino verso il vento Austro, la quale fu guasta nel tagliare per la fortificazione che cominciò papa Paulo terzo, si vedevano più figure di tre palmi longa l’una, ove se vedevano Serapide e Iside sua mogliere e con essi Hebbe figliuola di Giove. Serapide avea attorno le tre Hore [...].
p. 136 [c. 220r (=p. 433)]