Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
di mirabile arte e pacienza lavorati talmente che non paiono opera di scalpello ma nati di marmo, del pario, del pentellico e del marmo phrigio rosso, che paiano veramente carne che spira col suo fiato dentro e con li suoi polsi e vene ingegnosamente rappresentati e ben disposti, e giovani e vecchi, e più delle volte hanno un poco di pelle d’animale, come di cervo e di nebride, piccioline, o di capra o di pardale, appesa al collo. Eglino hanno oltre ai muscoli rellevati, una codetta a guisa di dietro sovra il coderizzo, che pare che imitano una barbetta irsuta di capra, ritorta et inalzata come un pennacchio con li capelli sul capo inalzati e varii sul fronte. Alcuni hanno cornicelli come i capretti, il viso ridente, questi non hanno le gambe caprine, ma le orecchi, et alquanto di rustichezza suonano fiauti, sampogne drauliche e rustiche, battono cimbali e crotali; ballando, alcuni saltano con timpani in mano, corronati di hellera, o di uve, alcuni hanno le polpe delle gambe longhe come corde de cavalli. Talché sono defferenti dall’Aegipani che hanno i piedi di capra, benché tutti sono della schiera di Bacco e l’accompagnano, alcuni con vitri e vasi pieni di vino, alcuni lo tengono ebriato sotto le braccia, altri guidano il suo carro, alcuni derizzano Sileno su l’asinello panzuto e grasso [...].
[...] Così dunque il significato di tali satyri non è cosa molto chiara presso de’ molti scrittori, per le varietà loro mostrano varie lusenghe di natura, e molte varie imagini fecero per questo di loro. E quel che è più di essi trito di certa contezza, è quel che ne dice Eusebio Cesariense, et altri scrittori greci, dando da intendere esser figurata la lussuria de la natura generante che fa abbondantemente le sue creature et in quelle si diletta, perché per la varietà de la terra rappresentano varie cose naturali de la virtù terrestre nell’animali e nell’umanità, e queste cause in tali figure erano reverite et adorate dal popolo gentile e dall’altri popoli invece de Dio, cosa sporca e profana che più tosto adoravano gli affetti naturali e le materie et i moti delle cose, che ’l proprio Fattore e Creatore suo, ancora che volessero mostrare in figure sì fatte, non accadevano se non per ammaestrare delli effetti naturali e non adorarli in forma di bestie per dei, come facevano quei che scioccamente prevaricarono e posero al fine in oblìo il gran nome eterno con le favole, abastando loro avere i dei a suo modo, protettori del male e del bene, delle bestie e degli uomini [...].
p. 143
[c. 225v (=p. 444)]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 3), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 3
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023