Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
Di Perseo figliuolo di Giove. Reluce tra le stelle, secondo i poeti, la imagine di Perseo figliuolo di Giove, armato di corazza, con lo capello di Mercurio, con le ale in testa, i talari ai piedi, da una mano porta la falce o vogliamo dire la spada, con l’altra il volto di Medusa, che avea quella proprietà, che chiunche il vedeva diventava sasso. Questa testa ha le ale e li capelli cinti da due angui perché denotano quella potenzia e virtù dell’uomo savio che fa terrore a tutti quei che sono di cattiva o di mente rozza e proterva, il qual capo con l’arme di Minerva e di Mercurio l’acquistò Perseo mandato da essa Minerva, del qual volto essa virtù s’armò il petto, e moralmente Medusa significa la propria virtù di Minerva, chiamata Gorgone. E favolano i poeti che Medusa fu figliuola del re Phorco, et avea due altre sorelle dette dal padre loro Phorcide, e solo un occhio che volava era tra loro et annunziava la fortezza e lo stato di Phorco, al cui acquisto andò Perseo, il quale avendo rubbato quell’occhio ch’era tra esse sorelle, colse Medusa che dormiva sul letto, e le spiccò il capo, e lo portò per ornare il petto a Minerva, e dal sangue di Medusa, cioè dal collo secato, nacque il cavallo pegaseo, che volò nel monte Helicone et in Corintho, dove fece dui fonti sappando col piede. Il che importa secondo la sua moralità una fama che mai non muore, di una sì fatta virtù che supera ogni altra potenzia, perché Medusa esse[n]do de intelletto prodente fu amata et acquistata dall’altra immortale potenzia, imperoché l’occhio che avea che volava e faceva guardia tra essa e le sorelle significa la velocità dell’intelletto, del quale solo
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