Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
[...] Pausania dice ancora che li Helei aveano il tempio di Apolline cognominato Acesio, cioè medicatore, e nella piazza di Helide città di Arcadia erano le Grazie fatte di legno con le vesti d’oro, e la faccia e le mani e i piedi di marmo bianco; et una di esse portava la rosa e l’altra il talo, la terza porta il mirto in mano. Imperò che il mirto e la rosa sono attribuiti a Venere, il talo è il giuoco di giovani e de’ putti, sacro alla Fortuna, onde appiedi di esse aveano Cupidine, overo ciascuna ha il suo Amore, come si dichiara per lo essempio d’un cameo, lo qual mi fu mostrato da certi mercanti a monsignor Colozio, et un altro intaglio simile ch’era in una mater plasma del medesimo monsignore. La faccia e piedi e mani di marmo significheranno, secondo alcuni dicono, fatte alle Grazie l’opere che sono salde e immovibile, la veste d’oro che orna il corpo le ricchezze che se acquistano per l’opere, perciò i Greci le chiamarono Charites e figliuole di Giove e d’Eurynome, o pure sono figliuole di Venere e de Libero padre [...]. Nelli commentarii de’ Greci si trova che quella Grazia che ha il luogo alla destra Euphrosine si chiama, e quella a sinistra Aglaia, et in mezzo Thalia che mostra la parte di dietro. Sogliono gli antichi ancora sculpire le Grazie e l’Ore nel dosso della dea Natura.
Delle Grazie, dell’Hore e della dea Natura o Diana. Gli Ephesii adoravano la Diana detta multimammis, che altri chiamano dea Natura, come è quella che odiernamente si vede di marmo antichissima e bellissima nella loggia del Sacro Palazzo dipinta già da Raphael d’Urbino, et altre se ne vedono nella casa del signor Alexandro Corvino, nella villa Iulia di Monti nella via Flaminia. Alcune di queste hanno le Grazie più che le Hore sculpite, e gli amori e gli animali veloci e forti e doppii di natura odi correre velocissimi, de’ quali dirremo poi al suo luogo. Ora Pausania dice come che nel portico detto Peicile pisianacheo in Atene era la statua fatta da Fidia, che nella estrema parte del trono di Giove o sedia erano tre Grazie e le tre Hore, le quali erano sopra la testa di esso Giove loro padre, perciò che de Temis e de Giove nacquero l’Hore guardiane del Cielo, over del principe
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[c. 24r (=p. 43)]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 3), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 3
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023