Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
[...] le quali ninfe in più luoghi si vedeno in sua prima forma sculpite a guisa di leggiadrissime donne vestite di sottilissimi veli, le quali sono appiedi di Proserpina rapita da Plutone, tra le quali è Minerva, che è la virtù che combatte per vietar il male, sì come sono in quel pilo che è a Roma a Schola Greca sotto ’l portico di essa chiesa, là dove fu l’antico tempio di Cerere e di Proserpina poco discosto alle carceri del Circo Massimo, sì come scrive Dionisio Alicarnaseo de tali tempii, e sono anco della medesima maniera in quell’altro bellissimo et antichissimo monumento che è nella casa de’ Galli gintiluomini romani, e parimente della medesima forma in un altra sepultura non meno bella che le sudette, che è de marmo a Napoli, raccolta delle reliquie antiche e posta sul campanile di San Giovan Maggiore, fabricata alta da terra in un cantone. Ove in tuti tre questi luoghi si vedono in forma di donzelle bellissime, graziosamente fatte et adornate alla imitazione di donne naturali, come erano prima che si mirassero in l’altra forma favososa, mezzi ucelli e mezze femine. Sopra di che Hygino dice che le Syrene andando vagabonde per rispetto del ratto di Proserpina arrivarono in Sicilia alla terra de Apolline, e quivi per voluntà de’ Cerere, perché non aiutarono la sua Proserpina, furono fatte volateli, e fulle dato circa al fato loro tanto tempo de vivere, de non perdere la vita così presto, la cui risposta si dirà di sotto e del loro fine, e per questa mutazione Ovidio nel libro quinto delle Trasmutazioni afferma quel che ne dice Hygino e gli altri, in questi versi chiaramente le discrive [...].
p. 26 [c. 30r (=p. 55)]