Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
[...] Fortezza e Sapienza, Temperanza e Magnificenza sono virtù con molte altre, ma la Virtù non può esser insegnata, con ciò sia dunque che la Virtù non possa esser ricevuta con dottrina e non è scienza, ma Virtù che con le scienze e con li travagli s’impara, ma quella che è vera Virtù immortale, che non ha tempo in sé né origine, è Dio fattore d’ogni cosa, e la Virtù dell’animo si impara in conoscere la bontà del suo creatore, e l’uomo solo è quello che la può sapere, e mentre l’uomo acquista la virtù e la possiede è stimato lieto e felice. Ma se la virtù casca nell’uomo, la qual cosa nessuno può negare, cade etiandio la beatitudine sua, come dice Lattanzio Firmiano. Ma questa è un’altra virtù maggiore che quella che gli antichi studiavano e molto più sicura e munita, perché loro intendeano la immortalità del nome della gloria, come dice Seneca nei Morali [...].
p. 49 [c. 64r (=p. 121)]