Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
chiaramente e puramente osservare la Fede, perché gli antichi chiamarono l’uomo phora, cioè luce, perché naturalmente devemo il desiderio grande di conoscere e di esser conosciuti noi puri e candidi, e questo è il proprio dovere de quei che sono veridici e senza uscurità alcuna in osservar la fede. In un altro modo veggiamo ancora questa tal dea: ella è una donna bellissima, col viso giocondo e allegro e verile, di sotto ha una tunica succinta, sotto le mammelle, longa che gli cuopre i piedi quasi tutti, e di sopra un mantello sottile e trasparente, il quale quasi gli va cuoprendo tutto il dosso, le braccia, le mani, ma talmente che si contano ad uno ad uno le dita, come dipingono la Memoria detta Mnemosine [...]. In simil modo si vede nell’antiche monete, et una delle quali di marmo si vede nella via Flaminia, nel fonte della villa Iulia di Iulio terzo papa, la quale è di marmo antichissima e integrissima.
[...] La Fede nel vero è vera scala di far l’uomo da bene, et è quella che cristianamente ci fa vivere eternamente imperoché, come dice il divo Augustino, Fede, Speranza e Carità sono fundamento della vita cristiana. Questa avanza ogni altra felicità che si ricerca dagli uomini, e questa è la vera virtù e letizia, la qual fa ascendere nel tempio della Divina Sapienza. Il divo Ambrosio usò dire che la Fede negli amici rara troviamo. Questo accade per un certo carnale desiderio o pure per una certa gelosa natura di poca fede, come fa la moltitudine de’ mali, ne’ quali con difficultà si porge fede che ben ci sia, come dice Orosio.
p. 51
[c. 65r (=p. 123)]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 3), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 3
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023