Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
I nostri moderni hanno usato per la Temperanza fare una donna formosa che con due vasi tempera dui liquori insieme, quasi che questa non sia Temperanza dell’effetto dell’animo, ma de quei che sfrenatamente non gli piace il bere e così demostra mesticar l’acqua col vino. Della Necessità. La Temperanza è parte nata dalla Necessità che astrigne l’uomo alla onestà del vivere e del vestire. Avemo veduta la Necessità in un cameo picciolino, il quale avea Giovan capitano banchiere in piazza Giudea, e quantunque fusse abbozzato v’era questa dea con queste parole greche M ΤΑΜΦΙΛΟΣ, e dopo davante alla dea ΑΝΑΓΚΗ, cioè Necessitas. Costei tiene in testa come un bon peso, cioè uno involto, come di panni, che vi son dentro alcune cose come pomi, ma coperti. Ella è adornata di un vestito, cioè d’una vesticciola corta sopra le ginocchia, sopra a quella di sotto che è longa insino ai piedi, con la mano destra alzando il braccio si tiene il peso e lo regge, con la sinistra porta due spiche di grano. Così dunque parendo la Necessità di questa forma, par che sia una dea che ci insegna accommodarci a soportar fatica, per saper accogliere il bene che ci giova, che ci nutrisca secondo ci apportano l’occasioni, onde i Greci disseno per la Necessità si fanno infiniti beni et infiniti mali. I mali de la Necessità sono quando per essa diviene l’uomo servo, et il bene quando la Necessità non è spema, ma quanto necessariamente si convenga portar il suo peso e non stimar le cose vili, ma le utili e le degne di laude [...].
p. 55 [c. 69v (=p. 132)]