Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
Dell’Herymne overo Furie. L’Herymnis sono le Furie infernali, et è nome singulare di una. Dipinseno, come dice Pausania, l’Herymne come una donna gnuda, o vestita con la facella in mano et una cistella, ove porta il furore et i serpi. Ovidio scrive le Furie avere i capelli di serpenti, de’ quali si servivano a buttarli indosso a quei che volevano infondere terrore, infamia, ira e paura, e portavano il bossoletto dell’unguento fatto della bava di Cerbero, cane infernale, e con questo unguento credevano che mettessero rancore, fame, odio e rabia, e tormento. Sono le Furie coronate delle fronde dell’arboro tasso, e del medesimo legno sono fatte le sue facelle. Sono i nomi delle Furie questi: Tisephone, Megera, Sisipho, e dicono che queste per comandamento di Adrastea, figliuola di Giove, e de la Necessità, posta in luogo alto, poniscono fieramente le sceletatezze de’ peccatori, senza poterne uomo scampare, né picciolo né grande, né a forza, né con inganno. E questa è la oppenione che ebbe Thespesio, come dice Plutarco Cheroneo, il che ancora afferma Eusebio, le qual cose finscono per demostrare di fuggire le malvagità miste di paura e di lutto, e la vendetta de la scelaratezza et intemperanza de’ cattivi effetti. [...]
De Erebo. Erebo, o vero Erebos, è uno delli dei infernali, padre de la Notte, generato da Chaos e Caligine, secondo riferisce Hygino e Cicerone de natura deorum, di cui fanno che nell’inferno abbia la sua sedia. Virgilio nel quarto dell’Aeneide così lo nomina: pallentes umbras Erebi nocteque profundam. Ovidio nel quinto della Metamorphose: Proserpinam Erebi reginam appellat. L’imagine di questo dio [...] l’han sculpita assedere dentro una profonda grotte [...] con un ramo del popolo nigro in mano, col bubo accanto, con Cerbero cane baiante davante a lui, sì come era sculpito di stucco in uno antico sepulcro che fu fuor della porta Capena che odiernamente si dice di San Sebastiano, ove erano della medesima materia i dei e le pene infernali, le quali, parte, ne sono state dalla malignità de’ tristi guaste, e parte ve ne rimangono, perciò che alcuni empii nimici delle cose belle le disegnano e poscia le guastano per farsi belli di quelle invenzioni. [...]
p. 56
[c. 70v (=p. 134)]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 3), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 3
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023