Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
Dell'antro dell’Aeternità e del Tempo. Sono nell’albergo dell’Eternità vari oppenioni, tra i quali Claudiano poeticamente la discrive dicendo: Giace l’antro dell’Eternità longi da noi, in un luogo sì segreto che alcun mortal vestigio non v’appare, ora all’umana mente l’andarvi è vietato, perché da ogni parte da’ mortali si discosta e dall’altre parti mondane che sono qua giù basse, né vi ponno anco gli dei forse aggiugnere né penetrare. In questa stanza sua giace da parte la Madre Natura che partorisce gli anni: costei è cinta da un serpente, che le fa un cerchio attorno di verdeggiante squame, con la coda in bocca, che tutta nel suo ventre si nasconde, come si devorasse a poco a poco, racoglie sé e sempre gita, così la porta da costei vien guardata, è di anni piena, e con diligente cura attende a chiunche va o sale suso, dell’anime de’ mortali che d’ogni parte volano. Poco discosto alla sua presenza dentro l’antro, un venerando vecchio con barba bianca e longhi capelli, il quale è il Tempo compagno d’essa natura, il qual scrivendo in certi numeri dispensa e raccoglie gli anni delle divine leggi assignati a ciascuna cosa, come immutabile Natura, terminando il corso di qual abbia da gire o stare, e a vita et a morte, il qual remirando poi rivolgendosi ritorna di tempo in tempo a riguardare si[n] là dove il suo corpo arriva, avendo poi al d’intorno i suoi pianeti ciascun nella sua casa, sì come Giove, regimento al mondo, la Luna, che lasciando il giorno manca e cresce la sua luce mandando il secondo lume, cedendo il suo luogo a Saturno, col volto orribile e mesto, a cui procede la placida e feconda Venere, e Mercurio messagier d’essi celesti dei, e dell’aere e dell’inferno guidati dalla forza del Sole s’avvicinano poi al fin dell’anno, quando la Natura ne viene a rincontrar gli alti raggi, al Sol s’inchina a salutarlo, e fa che ’l canuto vecchio umile e reverente piega nel nuovo corso. Allor la spelonca s’apre con l’adamantine porte, facendo apparir in essa i segreti di quel luogo ove appariscono i secoli e le età fatte di diversi metalli posti nei loro luoghi in varii seggi, quel’imagini di rame e di ferro mostrano gli affanni e le clade de’ mortali, composti de sanguigni freggi, ornati di crudeli battaglie. L’altre due ci dichiarano le età dell’argento e dell’oro. Tutte separate sono queste cose dall’eterna dea che splendente e lucida da sé si governa et ogni cosa mostra avanzar in ogni immortal fattura, aver dato il suo corso al fine.
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