Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Parigi)
[...] È da maravigliarsi ancora che non trovassero la Fortuna sopra degli uomini eccellenti dell'arti nobili, come verbigratia la Fortuna che apparò ad Archimede, a Omero, a Sofocle, a Demostene, a Isocrate, a Cicerone et a Fidia et Apelle et all'altri eccellenti. Fidia, sebene egli seppe sculpire, perché da lui la Fortuna non fu appellata scultrice, come anco da Praxitele, che furono i primi e più nobili di nome di sapere sculpire in eccellenza, e tanto più quanto che Fidia particolarmente fece quel colosso nudo del qual si ornò il tempio della Fortuna di Quinto Catulo a Roma, fatto di bronzo, come dice Plinio. La scoltura è pure qualche potenzia che fa vedere la forma delle cose umane et è qualche cosa e quella che non è niente ne fecero conto; era pur meglio venerare quei che sapevano far la forma della Fortuna che è qualche cosa che venerar quella della quale non è né potenza né forma, se non una imaginativa. È pure qualche cosa la pittura: in vaghezza inganna gli occhi per consolare e dar piacere all'animo, e non è imaginazione, ma è forma delle cose che sono in nella natura, o in essa accadute in diverse operazioni; par che non ha la fortuna pitturesca, o chiamata Apellea perché quel pittore seppe meglio demostrarsi sopra degli altri in dipignere, in queste eccellenze non capì la Fortuna, perché è Virtù. [...] [...] Et alla Fortuna Mala fecero il tempio nell'Esquilie, come afferma il divo Augustino nel libro quarto della Città di Dio contra gentili [...].
p. 128 [p. 382]