Ricci, Amico

Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona
diritti furono per lo più assentiti dai sovrani, dal che io credo derivasse il dominio loro quasi sovrano sulle possidenze, sulle terre, castella e ville del Piceno. Se questo non fu un titolo legale per autenticare la loro sovranità, io non ne farò argomento di contestazione; poiché non i diritti, ma i fatti nelle cose voglio ricercare. Uno pertanto de’ fatti più certi si è quello che se per una parte gli uomini furono debitori di molti vantaggi alle società cenobitiche, non è maraviglia che potessero abusare anch’esse qualche volta del loro dominio, e si riducessero al punto di stancare la sofferenza di coloro che ritenevano quasi sudditi e vassalli. Onde nacque che molte volte ebbero a soffrire di vedere i loro monasteri messi a ruba, a sacco, ed anche a fuoco, per cui noi perdemmo moltissimi monumenti architettonici di questo periodo, i quali vennero poi in progresso in gran parte rifatti, e nel tempo medesimo si dispersero e bruciarono infinite memorie storiche di quest’età. Laonde, meno le congetture ed il confronto con que’ pochissimi monumenti certi che ancora sono rimasti nella nostra Italia, a niun altro lato potremmo ricorrere per dare giuste nozioni dell’identifica esistenza delle fabbriche monastiche fin qui ricordate. Quella chiesa soltanto, la quale si ricostruì in nuova foggia in questo torno, è la cattedrale di Ancona, che fu architettata in una maniera che si allontana del tutto dall’architettura degli antichi, ed in una guisa che si derivò senza dubbio dall’oriente, ma che pel maggior numero delle sue mal intese decorazioni è ben diversa da quella che usarono i Greci nella chiesa di Santa Sofia di Costantinopoli, dove spiegarono un gusto più ordinato. E da questa fabbrica altresì si riconosce che noi fummo degli ultimi ad andar dietro alle nuove maniere normanne, tenendoci più a questa de’ Greci, che avevamo più prossimi. La sua struttura è di croce, gli archi delle navate sono semicircolari meno la navata di mezzo, ch’è a cavalli, e sopra i quattro archi si alza nel mezzo un tamburo a base poligona di più lati, il quale conservando la medesima forma si converte in cupola, che la chiude il lanternino. La prima cupola, che di tal forma siasi
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