Ricci, Amico
Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona
quali servirono per incrostarne tutta la chiesa ed il campanileCatalani, idem.. Era il duomo suddetto di figura quadrilunga con a capo un’abside non troppo elevato. La sua divisione era in tre navate compartite in quattro archi da ogni banda Arco a sesto acutodi sesto acuto, retti da colone rotonde di pietra cotta con capitello avente una semplice scozia intagliata sul marmo. Nessuno era l’altare che vi si vedesse, meno il maggiore ed uno aggiunto assai posteriormente dal Collegio dottorale, e appoggiato alla parete sinistra entrando verso da piedi. Tre erano le sue porte: la maggiore volta a ponente, che tuttavia esiste, e due dalla parte del sud, cioè una quasi all’estremo della facciata dal detto lato, ed una maggiore ed ornata nel mezzo. Una cappella dedicata al Sacramento dalla parte sinistra dovette essere aggiunta in tempi assai posteriori, e forse verso la metà del mille e cinquecento. Aveva il duomo di Fermo anche un sotterraneo largo quanto tutto il presbiterio, e l’abside nominato e le colonne che ne reggevano la volta erano di diversi antichi marmi, con capitelli e basi parimente antiche e d’ordini differenti, ma la maggior parte corinzie, e ad esso sotterraneo si scendeva nell’interno mediante due scale collocate una per banda nel presbiterio suddetto. Fu esso distrutto nell’episcopato del cardinal Paracciani, il quale intraprese la nuova fabbrica che poi compì il suo successore monsignor MinucciCatalani, pag. 310.. La sola facciata presenta l’antica sua venustà e ricchezzaCatalani, pag. 298..
La diversa maniera in cui leggono la lapide che si trovava nell’architrave della porta maggiore del duomo di Jesi, tanto Colucci che BaldassiniUghelli, Italia Sacra, tomo I, pag. 323.
Secondo Colucci – A. D. MCCXXXVVII TEMPORE GREGORI PAPÆ DOMINI FEDERICI JURE PRÆTORIS, ET DOMINI SEVERINI EPISCOPI ÆSINI MAGISTER GEORGIUS DE CUMO CIVIS ÆSINUS FECIT HOC OPUS. Secondo Tommaso Baldassini essa diceva – DE ANNO DOMINI MCCXXVII TEMPORE GREGORII IV PAPÆ DOMINI FEDERICI IMPERATORIS, AC SEVERINI EPISCOPI ÆSINI MAGNIFICUS GEORGIUS DE CUMO FIERI CURAVIT.
Girolamo Baldassini riferisce in due luoghi della sua storia, cioè a pag. 341 e 367, questa lapide, ed è da stupirsi come in veruno dei detti luoghi confronti: poiché in uno si pone l’anno 1227 e nell’altro 1233. In uno si dice de anno, nell’altro si lascia il de; in uno si dice tempore Gregorii, nell’altro Domini Severini; in uno si tralascia il nome dell’artefice e nell’altro dicesi chiaramente che un maestro Giorgio cittadino di Jesi fecit hic opus.
Tra queste dissonanti lezioni sembra che la Colucciana corrisponda più delle altre alla verità, pel confronto che abbiamo con altre lapidi che ricordano le opere di Giorgio. Fu confusa questa pietra fra le macerie allorché fu demolita la vecchia chiesa e rifabbricata la nuova nel 1741., ci tiene incerti sull’epoca in che lo stesso Giorgio vi fosse occupato. Il primo lesse 1237 ed il secondo 1227. Ritengo però che Colucci battesse meglio nel segno, mentre nel 1227 sappiamo con certezza che quest’architetto era occupato nel duomo fermano, non potendosi dubitare dell’anno indicato chiaramente nella lapide di Fermo. Tenendo dietro alle parole stesse dell’istoriografo Tommaso Baldassini, possiamo credere che anche in questa fabbrica non fosse Giorgio adoprato che ad ampliarla o restaurarla. Ci dice esso «In una cartapecora
Secondo Colucci – A. D. MCCXXXVVII TEMPORE GREGORI PAPÆ DOMINI FEDERICI JURE PRÆTORIS, ET DOMINI SEVERINI EPISCOPI ÆSINI MAGISTER GEORGIUS DE CUMO CIVIS ÆSINUS FECIT HOC OPUS. Secondo Tommaso Baldassini essa diceva – DE ANNO DOMINI MCCXXVII TEMPORE GREGORII IV PAPÆ DOMINI FEDERICI IMPERATORIS, AC SEVERINI EPISCOPI ÆSINI MAGNIFICUS GEORGIUS DE CUMO FIERI CURAVIT.
Girolamo Baldassini riferisce in due luoghi della sua storia, cioè a pag. 341 e 367, questa lapide, ed è da stupirsi come in veruno dei detti luoghi confronti: poiché in uno si pone l’anno 1227 e nell’altro 1233. In uno si dice de anno, nell’altro si lascia il de; in uno si dice tempore Gregorii, nell’altro Domini Severini; in uno si tralascia il nome dell’artefice e nell’altro dicesi chiaramente che un maestro Giorgio cittadino di Jesi fecit hic opus.
Tra queste dissonanti lezioni sembra che la Colucciana corrisponda più delle altre alla verità, pel confronto che abbiamo con altre lapidi che ricordano le opere di Giorgio. Fu confusa questa pietra fra le macerie allorché fu demolita la vecchia chiesa e rifabbricata la nuova nel 1741., ci tiene incerti sull’epoca in che lo stesso Giorgio vi fosse occupato. Il primo lesse 1237 ed il secondo 1227. Ritengo però che Colucci battesse meglio nel segno, mentre nel 1227 sappiamo con certezza che quest’architetto era occupato nel duomo fermano, non potendosi dubitare dell’anno indicato chiaramente nella lapide di Fermo. Tenendo dietro alle parole stesse dell’istoriografo Tommaso Baldassini, possiamo credere che anche in questa fabbrica non fosse Giorgio adoprato che ad ampliarla o restaurarla. Ci dice esso «In una cartapecora
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Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ricci, Amico, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, Macerata, Tipografia di Alessandro Mancini, 1834
Edizione digitale
Acquisizione
Marco Pochesci
Codifica
Marco Pochesci
Revisore
Marco Pochesci
Data di pubblicazione
30/6/2024
Revisioni all'edizione digitale
Revisore
Marco Pochesci