Ricci, Amico

Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona
che tengono fra le branche un animale. L’uso di porre i lioni alle porte dei tempi è antichissimo, e l’essersi praticato anche nella gentilità ha fatto sì che moltissimi di quei lioni, che in parte si vedevano, ed in parte ancora si vedono nelle porte delle basiliche di Roma e che poi furono anche trasportati per ornare fontane e piedistalli d’obelischi, sono quelli stessi ch’erano una volta nell’ingresso de’ loro tempi. Il lione era presso i Greci un simbolo delle dodici imprese di Ercole, del quale a farne l’apoteosi fregiarono anche il zodiaco. Essi trassero probabilmente dagli Egizi questa costumanza, come quella ancora di scolpire delle sfingi, segni d’una misteriosa religione. Non ardirei però di asserire che quei popoli fossero gl’inventori di queste simboliche figure, poiché secondo il Vitalpando ne fecero uso gli Ebrei ancora negli angoli degli altari e dei troni. Di fatto abbiamo nel libro III dei Re che il ricchissimo soglio di Salomone era adornato di lioni di varie grandezze a significare certamente la maestà del regnante. Non è maraviglia, pertanto, se gli antichi cristiani, i quali nel costruire dei tempi imitavano i gentili a somiglianza di essi e di altre nazioni di sopra indicate, abbiano ritenuto l’uso di effigiare lioni alle porte delle loro chiese, non tanto a semplice ornamento quanto perché quel generoso e vegliante animale ha un’allegoria relativa ancora alla nostra religione purissima; siccome quello che la maestà esprime del luogo santo, la vigilanza del cuore verso Dio e la forte custodia delle cose sacre. Il collocare poi dei fanciulli fra le loro branche quasi in atto di scherzare con essi, a sentimento de’ dotti archeologi, altro indicare non sembra se non la mansuetudine che la Chiesa usar deve verso i neofiti, essendo il lione, per quanto ne dicono i naturalisti, coi supplichevoli, generoso e clemente. Conviene però confessare che negli ultimi decorsi secoli apponevansi siffatti animali ne’ sacri templi, non più come segni allegorici, ma a semplice ornato, siccome vedesi nella chiesa di Santa Maria Lauretana in Roma, dove due orsi alle porte rappresentano lo stemma gentilizio della nobilissima famiglia Orsini. I fregi ornamentali di questa nostra chiesa sono per lo più tralci composti di gravi pampini e mediante tale raffigurazione di tralci si volle dinotare simbolicamente la cristianitàGesù Cristo aveva detto agli apostoli nel Vangelo – Ego sum vitis, vos palmites; qui manet in me, et ego in eo, hic fert fructum multum, quia sine me nihil potestis facere (Vangelo di san Giovanni capitolo XV)..
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