Ricci, Amico

Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona
forse fino da quel tempo venivano i fedeli battezzati. Il diligentissimo monsignor Zacchi, parlando del vescovo Monaldo vivente in sul termine del secolo XII, narra che questi ordinò venisse quella chiesa con vaghe pitture ornata «III nonas Feb. depositio Monaldi Episcopi, qui diem suum clausit extremum anno Dominicae Incarnationis 1292 sacellum Joannis Baptistae picturis opera spetiosissimis adornavit». Proverebbe questo non solo che a quella fabbrica si fosse atteso con ogni cura siccome tale da richiamare il concorso de’ valenti artisti che in quell’epoca erano assai rari, perocché allora s’incominciava dai nostri appena quest’arte ad esercitare; ma ancora che dovevano esser pel tempo in che venivano eseguite preziose quelle pittureIdem, tomo III, pag. 31. Riflette quest’erudito scrittore che ne’ tempi che noi scorriamo non avevano i nostri paesi quei pittori che in altri luoghi d’Italia già cominciavano a ridurre la pittura ad una più ragionevole maniera.. Il tempo e la voglia d’innovare distrusse in quest’oratorio ogni vestigio d’antichi monumenti, per cui non avremo in seguito che a narrare quali e quando ne avvennero le variazioni, e di quali ornamenti sia altresì ricco a nostri giorni. E per non dilungarci d’avvantaggio, ricorderò in fine che nel secolo XIII fu edificato in Cingoli l’episcopale palazzo, facendone fede i vari atti rogati alla presenza di san Benvenuto vescovo, i quali rimontano al 1266, e vi si dice «Actum Cingoli in Domo Episcopi in Palatio EpiscopatusRaffaelli, Antichità della chiesa di Cingoli, pag. 105.
Compendio de’ vescovi d’Osimo, tomo III, pag. 411, fu varie volte restaurato, e specialmente da monsignor Zacchi nel 1470, come si legge in una iscrizione posta sotto lo stemma nella casa de’ padri dell’oratorio, nella parte dell’orto, la quale era l’antico Palazzo Vescovile.
GASPAR ZACCHIUS – VOLATERRANUS – AUXI – MAT. ECCLES. EPIS. INSTAUR. CHRISTI SAL. AN. MCCCCLXX.
Ceduto ai detti padri dell’oratorio, allorché ne fu eretto dai fondamenti un altro incominciato dal cardinale Lanfredini e compiuto da monsignor Compagnoni circa l’anno 1750.
». Che nel compirsi di questo secolo tanto si operasse, atterrando molte fabbriche che già esistevano e surrogandone delle nuove, non è tanto a maravigliarsene quando si rifletta che specialmente le case assegnate per abitazione dei privati, come quelle che rinchiudevano i monaci, ed in fine gli stessi palazzi dei re e dei duchi, non erano che meschini; e se per tali non ce li dinotano gli scrittori, prima e poco dopo il mille, non deriva che dal non aver essi quelle idee, che poi successero di mano in mano, che gli uomini progredivano nella conoscenza delle arti. Appariva nel terminare di questo secolo un primo presagio che prometteva alle belle arti un non lontano risorgimento, e così non potendosi sopportare che ancora rimanessero in piedi quelle fabbriche, monumenti dell’antica barbarie, si adoprarono più che mai ad atterrarle, sostituendone delle nuove, le quali denotassero che col gusto di queste incominciavano i costumi ad ingentilirsi.
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