Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
antiche di marmo, dove era una Nebride, nimfa di Bacco, che con un bello gesto si muove contra d’un Lice, i quali sono di tutto relievo di maraviglioso artificio, e quel ch’è più bello in un’altra parte, un Amore che siede pescando, con la sua acidari in testa, o vero col cappuccio da re, et al lato avea una sporta con alcuni pesci dentro. Un altro Cupido simile fu trovato rotto fuor della porta di San Sebastiano, posta dalla parte di Roma dove fu la regione detta Porta Capena. Quivi fuori della porta fu il tempio di Venere. Trovasi scritto che fuor di Roma a un miglio fu dedicato un tempio a Venere, acciò che ella lavasse la libidine alle donne romane, e così stesse lontana da loro ogni lascivia, qual era il tempio discosto dalla città, ove andavano le donzelle a portare le imaginette fatte di stucco, o di pezze, come sono le pupazze, con le quali sogliono scherzare nella loro fanciullezza. Lo qual tempio fu a Porta Collina, lo quale edificò Marco Marcello, ove era la Venere Antevorta e Postvorta. Un altro tempio era nell’Anciporto della Regione Palatina, ove le donne romane sacrificavano togate, e vi portavano i membri virili e le vulve delle donne come per voti, il quale era al vico Mustellare, come dice Festo. Quivi in quella parte di Roma avemo veduto trovare un bellissimo torso dell’imagine di Venere che avea una corazza accanto per pontello, la quale trasportò Giovanni Bellaio cardinal di Pariggi. Un’altra Venere fu trovata cavando circa alle Terme Traiane, pure di marmo pario, ch’era in più pezzi; appié di lei era Amore che portava la celata in spalla, et eravi la corazza di Marte; la dea ch’era tutta nuda avea cinto il baltheo con la spada; questa imagine così rotta l’ha monsignor Sebastiano Gualtieri, vescovo di Viterbo, e nel vero di bon maestro lavorata, e penso che sia la Venere Marziale, da’ Spartani detta Mopho, che adoravano armata, e la chiamarono Victrice. La cagion che i Spartani armassero la imagine di Venere, parte n’avemo accennato più di sopra, ma ora a questo proposito raccontaremo la sua storia. Scrive Lattanzio Firmiano che stavano i Lacedemonii all’assedio intorno a Messene, et i Messenii, essendo di nascosto usciti della città per far un stratagemma a’ Spartani, n’andarono per saccheggiare o prendere Lacedemone se potevano, credendo che questo dovesse loro essere facile da fare, perché erano usciti dalla città tutti gli uomini di guerra, venuti da Messenia. Essendo andati, altrimente avenne, perciò che le donne lacedemonie, che stavano vigilanti, inteso che ebbeno la venuta de’ nimici, tutte s’armarono, e venute contra i nimici ch’erano stanchi, non solo difesero la città loro dal sacco, et i campi dal rubbamento che facevano così carrichi di preda li resipinarono e quelli gagliardamente mandarono in rotta. [...]
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