Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
tite che ha in vendita il zoccalaio di Campo di Fiore, dentro un cerchio che fa un dracone che si devora la coda, nel resto egli è alato [...].
Del Tempo e del Saeculo, ed Eternità. Il Tempo fu significato per la imagine di Saturno, et alcuni lo chiamano Saeculo, il quale è di un’altra forma, molto più bizzarra che de la prima, perché egli ha la testa di uomo barbato, con un canestro di vimini supra della testa, cinto del zodiaco, pieno delli dodici segni celesti, nel lato destro della mammella ha un occhio umano, et attorno lo circunda dal piede al capo un dracone. Da una mano ha una facella, e dall’altra una tazza, sì come era quello di bronzo che avea Gaspare orefice, alquanto di goffa maestria. L’immagine del Tempo Claudiano la discrive nelle Laudi di Stilicone, ove egli figne che un serpente cercunda l’antro dove alberga la Aeternità, di maniera circuisce che demostra devorarsi la coda che tiene in bocca, che viene a mostrare l’effetto del Tempo, il quale in sé istesso si va girando sempre senza mostrar un certo principio o un certo fine, il quale simbulo gli Aegiptii adoperavano in dichiarare il cielo, il sole che circularmente camina senza fine e senza posa [...].
Del Tempo e dell’Anno, e dell’Aeternità. [...] E se il Tempo è cosa che sempre e nel suo corso è stato, tanto più sarà sempre Iddio, ché presso lui non è Tempo, non avendo mai avuto principio, né mai harrà fine, come dice San Tomaso; ma quel che è tempo nella creazione del mondo, nella fine del mondo terminarà il fine suo e solo Iddio è eterno, et Eternità e Trinità santissima, e quanto del tempo si raduna e si ragiona tutto è per demostrar quanto sia più potente Quello che diede principio a tutte le cose che hanno la potenza obligata al tempo, che governa con la distinzione degli anni. Ora Aeternità finsero una donna vestita di tunica e di mantello, con la testa cinta di raggi, con alcune stelle in mano e dall’altra il scettro, e dopo le spalle la Luna, rappresentante tuttavia il cielo e le stelle esser aeterne, sebene non sono, e questo Tempo di questo perpetuo moto delle cose celeste i Pithagorici chiamarono Aeternità. [...]
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[c. 5r (=p. 5)]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 3), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 3
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023