Ligorio, Pirro

Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
[...] Amor non è un solo, perché dalle diverse passioni delle cose celeste, con le terrene e con quelle dell’animo, causano diverse maniere di cupidetti et in diverse forme e modi l’hanno considerati, perché gli antichi filosofi hanno visto che sono diverse le virtù sue, donde è proceduto non esser un solo Amore, ma molti, e dui principalmente furono posti da Platone, e due Venere, l’una celeste con el celeste Amore, che è quel divino amore che solleva l’animo umano alla contemplazione de Iddio delle menti separate, che noi chiamiamo Agneli, e gli antichi intelligenze e demoni e potenzie menistri della divina Sapienza, e sono li celesti spiriti che adornano il cielo, e Iddio lodano. E questo Amor dunque vogliono che abita nel cielo, come scrive Filostrato, dicendo che Amore Celeste, il quale è uno e se ne sta in cielo, e quivi ha cura delle cose celesti, et è tutto puro, e mondo e sencerissimo, e perciò fassi di corpo così giovane, tutto lucido e bello, a cui hanno date l’ale per mostrare il rivolgimento qual fanno gli animi umani mossi dall’amoroso desiderio al cielo et a quelle cose che quivi sono. [...] Siché quello che intendevano per Amore celeste non è altro che ’l vero Amore, fattor dell’Universo, il quale sotto cotal nome era contemplato da alcuni e da pochi conosciuto, per aver l’umano genere perduto gli occhi della mente, e questo non era conosciuto
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