Ligorio, Pirro
Antichità di Roma (Napoli, vol. 3)
[...] Lattanzio Firmiano usò una certa ironia contra gentili: introdusse Marco Tullio col suo Pomponio Attico, come che per mottegiarlo de l’Amore; disse che furono i Greci di grave consiglio e di parere di molta audacia, a porre davante agli occhi dei giovani, ove si dovevano nelle cose virtuose essercitare, la imagine di Cupidine. Quasi che dubitasser eglino che quella più tosto potesse svegliare negli animi giovenili le lascivie et i disonesti piaceri, quali dicevano gli antichi tutti vivere di Amore, che accenderli alla virtù. Ma i Romani per vietar tanta sfacciata ordinazione poseno nelle Scole Amor tra Mercurio et Ercole, per demostrare che quivi non si doveva seguitar l’Amor lascivo e disonesto, ma quello che fosse ragionevole e virtuoso, perché mostrava Ercole la virtù e Mercurio la ragione; per questo nelli intagli delle gemme che si portavano per tenere sempre ‘nanzi agli occhi i virtuosi pensieri sono pieni dell’imagine di Ercole, o questa con l’Amore, o l’Amore con Mercurio, o Mercurio con Minerva, e nelli teatri si mettevano e nei Gymnasii gli uomini fortissimi per essempio comune, fatti di marmo e di bronzo, e vi si locavano come per inalzare gli animi e non esser poltroni [...].
p. 71
[c. 96r (=p. 185)]
Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ligorio, Pirro, Antichità di Roma (Napoli, vol. 3), Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XIII. B. 3
Edizione digitale
Acquisizione
Carmelo Occhipinti
Codifica
Carmelo Occhipinti
Revisore
Carmelo Occhipinti
Data di pubblicazione
13/6/2023