Ricci, Amico
Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona
Arechis duca di Benevento, moglie di Guido e madre di Lamberto imperatore. Oltre ad un diploma riportatoci dal senatore Filippo Buonarotti nel suo Dittico Sacro che ne fa certissima fedeBuonarroti, Museo ec., folio 237, di questo dittico Arambonese che conservava il senatore Filippo Buonarroti nel suo museo, dà egli un’accurata descrizione e il disegno ancora nella di lui opera su i tre dittici d’avorio; la quale fu poi ripetuta da Sebastiano Donati ne’ Dittici antichi sacri, e profani – Lucca, 1753, 4, pag. 107, ove riporta l’epigrafe seguente scritta in latino barbaro:
CONFESSORISDNISCISGREGORIVSSILVESTROFLA
VIANICENOBIORAMBONAAGELTRUDACONSTRUXI
QUODEGOODELRICVSINFIMVSDNISERBVSEABBAS
SCULPIREMINISITINDOMINOAMEN.
Venne questa epigrafe interpretata dal Buonarroti medesimo in tal guisa. «A onore de’ Confessori del Signore, i santi Gregorio, Silvestro, e Flaviano donato al Monastero di Rambona, il quale io Ageltrude edificai; qual dittico io Oderico infimo servo del Signore, e abate ordinai che fosse scolpito nel Signore – Amen». la maniera ancora con cui quest’edifizio è costruito, i materiali adoprati, i suoi ornamenti, rendono chiara testimonianza essere una delle prime chiese innalzata poco dopo l’inondamento de’ barbari devastatori d’Italia. Il materiale è di pietra arenaria, anteposta al marmo dagli artefici di quell’età affatto inesperti nel difficile lavoro delle pietre granitiche. Dette pietre di figura rettangolare sono alternate or da una, ora da due fasce, o zone, di mattone collocate con somma esattezza e collegate insieme con un cemento composto di gesso e d’arena oltremodo tenace. A questa maniera che era in vigore al declinare del Romano Impero, e precisamente ai tempi dell’imperatore Gallieno, si dovette ritornare, dice CiampiniCiampini, Vetera Monimenta, parte I, pag. 71.. Dopo cessato il furore di devastare le città, le arti e le scienze si sforzarono alquanto a riaversi. Imperocché durante il trambusto militare, tumultuaria ancora era l’opera delle fabbriche, composte dei rottami di marmi, di tufi, di sassi d’ogni genere o dispersi nelle campagne o confusi fra le rovine. La parte esterna è di semplicissima architettura. Un timpano, un plinto, ed alcuni cordoni o listoni che dal suolo fino al tetto decorano al di fuori le tre absidi, sono questi i soli ornamenti ch’essa ci presenta. Grandioso però n’è l’interno diviso in tre distinte tribune sostenute da più grossi pilastri. A tutto sesto sono le volte; il che prova sempre più l’antica sua struttura, non vedendovisi ancora il Arco a sesto acutosesto acuto che ad un’epoca più a noi vicina rimonta. Un unico altare conforme, costumavasi prima del Mille, rimane nell’estremo punto della chiesa, il quale, eretto in rozzo stile, non presenta né lapidi né ornamenti simbolici. Riceve la luce da finestre in figura di parallelogrammo rettangolo chiuso in cima da un arco semicircolare, siccome erano tutte le altre nella Architettura cristianacristiana architettura durante la dominazione longobarda. Due però sono degne di speciale menzione: una, sopra l’abside di mezzo, cinta in giro da salienti cordoni spirali che hanno ai lati due teste d’animali; e l’altra (rarissima ne’ sacri edifizi) che reca in mezzo un’esile
VIANICENOBIORAMBONAAGELTRUDACONSTRUXI
QUODEGOODELRICVSINFIMVSDNISERBVSEABBAS
SCULPIREMINISITINDOMINOAMEN.
Venne questa epigrafe interpretata dal Buonarroti medesimo in tal guisa. «A onore de’ Confessori del Signore, i santi Gregorio, Silvestro, e Flaviano donato al Monastero di Rambona, il quale io Ageltrude edificai; qual dittico io Oderico infimo servo del Signore, e abate ordinai che fosse scolpito nel Signore – Amen». la maniera ancora con cui quest’edifizio è costruito, i materiali adoprati, i suoi ornamenti, rendono chiara testimonianza essere una delle prime chiese innalzata poco dopo l’inondamento de’ barbari devastatori d’Italia. Il materiale è di pietra arenaria, anteposta al marmo dagli artefici di quell’età affatto inesperti nel difficile lavoro delle pietre granitiche. Dette pietre di figura rettangolare sono alternate or da una, ora da due fasce, o zone, di mattone collocate con somma esattezza e collegate insieme con un cemento composto di gesso e d’arena oltremodo tenace. A questa maniera che era in vigore al declinare del Romano Impero, e precisamente ai tempi dell’imperatore Gallieno, si dovette ritornare, dice CiampiniCiampini, Vetera Monimenta, parte I, pag. 71.. Dopo cessato il furore di devastare le città, le arti e le scienze si sforzarono alquanto a riaversi. Imperocché durante il trambusto militare, tumultuaria ancora era l’opera delle fabbriche, composte dei rottami di marmi, di tufi, di sassi d’ogni genere o dispersi nelle campagne o confusi fra le rovine. La parte esterna è di semplicissima architettura. Un timpano, un plinto, ed alcuni cordoni o listoni che dal suolo fino al tetto decorano al di fuori le tre absidi, sono questi i soli ornamenti ch’essa ci presenta. Grandioso però n’è l’interno diviso in tre distinte tribune sostenute da più grossi pilastri. A tutto sesto sono le volte; il che prova sempre più l’antica sua struttura, non vedendovisi ancora il Arco a sesto acutosesto acuto che ad un’epoca più a noi vicina rimonta. Un unico altare conforme, costumavasi prima del Mille, rimane nell’estremo punto della chiesa, il quale, eretto in rozzo stile, non presenta né lapidi né ornamenti simbolici. Riceve la luce da finestre in figura di parallelogrammo rettangolo chiuso in cima da un arco semicircolare, siccome erano tutte le altre nella Architettura cristianacristiana architettura durante la dominazione longobarda. Due però sono degne di speciale menzione: una, sopra l’abside di mezzo, cinta in giro da salienti cordoni spirali che hanno ai lati due teste d’animali; e l’altra (rarissima ne’ sacri edifizi) che reca in mezzo un’esile
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Edizione cartacea
Informazioni bibliografiche
Ricci, Amico, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, Macerata, Tipografia di Alessandro Mancini, 1834
Edizione digitale
Acquisizione
Marco Pochesci
Codifica
Marco Pochesci
Revisore
Marco Pochesci
Data di pubblicazione
30/6/2024
Revisioni all'edizione digitale
Revisore
Marco Pochesci