Ricci, Amico

Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona
colonnetta, la quale la riparte in due archi minori. Questo tempio, a cui ascendevasi per una lunga e maestosa gradinata, cessò di esistere in parte fra il finire del passato e l’incominciare del presente secolo, non tanto per ingiuria del tempo, quanto per la non curanza di chi ne aveva custodia, cui piacque di convertir piuttosto quel monumento di cristiana antichità ad uso de’ granai e di comoda abitazione campestre. Intera per altro in ogni sua parte rimane la cripta, o confessione, la quale somministra non lieve materia al curioso antiquario. Lo spaccato serba quasi le stesse linee semicircolari della tribuna superiore, nel resto tutta risente della primitiva istituzione di quei sacri sotterranei fatti unicamente per riporre le ceneri de’ martiri e de’ santi, scorgendovisi nell’intercolumnio, che riguarda oriente, un’arca di pietra rossa isolata entro cui riposano le ossa del Santo Monaco Amico, avanti la quale in progresso di tempo venne eretto un altare. Quello che vi ha poi di particolare e di raro sono dodici mozzate colonne che sostengono le volte arcuate, dieci delle quali di diversi graniti e due striate di finissimo pario, opera senza dubbio di romano o greco scalpelloSpedizione Scientifica della Morèa anno 1833 – Le isole di Paros, o di Antiparos presentano entrambi i medesimi caratteri oritognostici, né sono divise che da uno stretto canale sparso di scogli. Le rocce ivi dominanti sono gli schisti, micacei, e soprattutto le calcari granulose, fra le quali trovansi i bei marmi statuari, che resero celebre Paros negli antichi tempi. Questa calcaria di Paros è granosa e spesso di lucente bianchezza. Tutte le fabbriche dell’isola, siano abitazioni, sien muri di cinta, sono di questo bel marmo. Ma le varietà di esso ch’ebbero onore per il loro uso nella scultura sembrano limitate ad alcuni banchi, che furono particolarmente scavati sul monte Kapresso, l’antico Marpesso. Le cave son poste circa tre miglia lontano dalla città di Perakia; sono tuttavia ingombre di rottami, parte provenienti dall’interno delle cave stesse, parte dal digrossamento dei massi che spesso s’operava sul luogo. Il marmo si traeva da gallerie sotterranee, le quali oggi servono d’asilo alle mandre. Le cave del monte Marpesso sono abbandonate da gran tempo, né più si usano per le costruzioni ordinarie, che i marmi di Kephalo. Il marmo di Paro era divenuto tanto celebre anticamente, che i più valenti scultori non volevano usarne d’altra specie: è di granitura grossa, spesso soggetto a scagliarsi, ma di gran purezza, alquanto trasparente, di un bianco di perla talora traente al giallo ed alcun poco somigliante al color di carne. Le sue belle tinte e la somma pulitura, di cui è suscettibile, lo facevano preferire in onta al difetto di facilmente sgranellarsi. D. M. . Qui è dove a colpo d’occhio si presenta all’artista osservatore il confronto de’ secoli d’oro con quelli di bronzo e di ferro. Imperocché ad opere così perfette furono imposti capitelli di arenaria, tinti quali a rosso, quali a nero, di una palmare sproporzione, e intagliati a cordoni e fogliami e simboli grossolanamente, così che rappresentandosi in alcuni di essi un’aquila, fu duopo all’artista per farla distinguere inciderle ivi la parola AQUILA a grandi caratteri latini. Altre di queste colonne si elevano sopra informi e scabri macigni, altre sorgon nude da terra senza base, pochissime poi ritengono la loro base natia. Dimanderà forse taluno in qual maniera que’ marmi, per materia e per lavoro pregevoli, si trovassero in luoghi che non servano vestigio d’antica città o di popolosa contrada? Al che soddisfare volendo, mi studierò il più che posso di non allontanarmi del tutto dall’oggetto principale che qui impresi a trattare. Che il luogo di cui parliamo abitato fosse da persone, le quali professassero il gentilesimo, oltre alla ragione, che accenneremo qui sotto, sicura prova ne rendono i
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