Pascoli, Lione

Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, 1730
che ne abbia cercati; anzi gli sono stati più d’una volta con preghiere e con suppliche esibiti, e gli ha sempre rifiutati. Lavorava sol per la gloria, né gli caleva dell’interesse. Amava gli amici, e non la fortuna; e si mostrò così verso i benefattori, come verso loro tutt’ora gratissimo. Parlava assai bene, ed aggiustatamente con quell’energia, a cui lo portava il naturale suo fuoco; e benché non fosse molto facondo, spiegar si sapeva egregiamente. Descrissemi un giorno a minuto tutte le fatiche, e tutti gli studi che fin da giovinetto fatti avea nell’arte; e passò poi così dottamente a parlar de’ precetti, che da quel solo discorso, ognun che inteso l’avesse, detto avrebbe che egli era sublime e raro maestro. E di fatto senza far torto ad alcuno, pochi, ma pochi han saputo come egli esprimer le azioni del corpo, e le passioni dell’animo nelle statue: ve ne sono dell’animate, che par che parlino, ve ne sono delle vive, che par che si muovano; e nessuno nella facilità, che è quella che è difficile, nella nobiltà delle pieghe e nella beltà e maestà de’ sembianti l’ha superato. Era alto, svelto e ben fatto assai di corpo; e tuttocché vecchio così diritto, robusto e nerboruto, che pareva campar dovesse cent’anni. Tanto prometteva l’ottima sua complessione aiutata dal regolato e parco vitto, e da esatta continua continenza. Severo e serio pareva d’aspetto, e pure era allegro e faceto. Aveva larga fronte, occhi neri e vivaci, naso lungo ed acuto, ed alquanto nell’aprir la bocca, il labbro di sotto torceva, non per natura ma per accidente d’apoplessia, che nell’età de’ trentacinque anni lo sorprese; e quantunque questo terribile ed ostinato male faccia tregua, e non pace, egli non fu più da esso molestato. Gl’impedì bensì, come stabilito già aveva, l’accasarsi; ed era giunto tant’oltre l’impegno, che non minor motivo si richiedeva per
p. 19 [269]