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Chi considerar volesse nella puerizia la pittura molto vi troverebbe da compatire; e credo che non poco riderebbe di sue debolezze, e goffaggini? Imperocché non avendo avuti i primi artefici altro aiuto, che l’imitazion di quel vero, che trasse dal nulla l’onnipotente Maestro conoscevano, che per manifestare coll’opere ciocché lor passava pel pensiero era necessario imitarlo; ma non sapevano, che con una sola linea, e con un sol colore tratteggiare, e condurre i dintorni delle figure. Chi però considerar la vorrà nell’aumento, e nello stato, in cui a poco a poco salì, e dove per non poter più salire ne’ secoli penultimi si fermò vi troverà tanto di maraviglioso, e stupendo, che se in simil guisa fosse comparsa nel mondo, considerata si sarebbe non come fattura umana, ma celeste, e divina. E di fatto chi, se non avesse veduti mai i ritratti, e vedesse allo ‘mproviso simigliantissimo o il suo, o di qualche suo conoscente non istupirebbe? Chi vedendo in una tela espressa al vivo un’istoria, di cui avesse notizia, e che di per se senz’alcun’altra spiegazione giugnesse a comprenderne il senso non si maraviglierebbe? E chi mosso, e spinto dallo stupore, e dalla maraviglia, non direbbe che fosse prodigio? Vengan pure a farne superba mostra il Sanzi, l’Allegri, il Veccelli, che furono i più splendidi lumi di quell’età fortunata, che in tutte le belle arti spiccò nell’Italia sovra ogni altra nazione. E qual faccia pompa della grazia, e della correzione, quale della morbidezza, e dell’armonia, e qual della forza, e vaghezza de’ colori, e posto superior ritenendo il primo si vanti a ragione d’aver superati fin ora tutti gli altri. Venga quindi l’intendentissimo Annibale, e schierando la forte, e numerosa